
Aedes albopictus è il nome scientifico della ben nota “zanzara tigre”, recente e ingombrante ospite delle nostre città. Come è arrivata? Quali problemi può causare? E come si combatte?
Testo e foto di Andrea Mosca
La zanzara tigre è un insetto originario del sud-est asiatico, ormai presente anche in gran parte delle regioni a clima temperato di tutto il mondo, regioni che ha potuto raggiungere con un mezzo di trasporto molto particolare: i copertoni usati.
Questi manufatti creano un microclima particolarmente attrattivo per le femmine di zanzara in cerca di un posto adatto per deporvi le proprie uova. Sono caldi, in quanto il nero assorbe gran parte della gamma dei raggi solari, umidi, poiché se vi piove dentro l’acqua che si deposita sul fondo evapora per poi condensare nella parte superiore, ed infine privi di predatori. Le piccole raccolte d’acqua in fondo ad uno pneumatico sono dunque delle nursery perfette per le larve di diverse specie di zanzara. Ma ad esser trasportate in giro per il mondo non sono state le larve di zanzara tigre, acquatiche come quelle di tutte le zanzare, bensì le uova, deposte all’asciutto, sulla superficie interna dello pneumatico. Lì le uova rimangono in attesa di essere sommerse, magari da uno di quegli acquazzoni tanto frequenti nei paesi tropicali, per completare la propria embriogenesi e schiudersi, dando origine ad una nuova generazione di larve che nel giro di pochi giorni metamorfizzano fino allo stadio adulto. E l’uovo può rimanere in attesa dell’acqua per molto tempo, durante il quale il copertone può essere trasportato anche per migliaia di chilometri. Se all’arrivo le condizioni climatiche sono favorevoli, ecco che la zanzara tigre ha trovato un “nuovo mondo” da colonizzare.
Ed è stato proprio il Nuovo Mondo, l’America, la prima importante tappa raggiunta al di fuori del suo areale d’origine. Da lì, con spostamenti analoghi, ha raggiunto altre aree del globo, anche con clima più freddo, adattatandosi con successo. Se infatti nei paesi tropicali non vi è una stagione fredda e la zanzara tigre prolifica tutto l’anno, in quelli temperati ha “imparato” a superare l’inverno producendo delle uova resistenti, cosiddette diapausanti, deposte in autunno e che si schiuderanno solo a primavera inoltrata, grazie al tepore e alle piogge tipiche di quel periodo. Come molte specie sue congeneriche, la zanzara tigre è attiva soprattutto durante le ore diurne e all’aperto. Non essendo un’ottima volatrice, nei pressi dei suoi focolai di sviluppo si registra un’elevatissima concentrazione di individui che ne amplificano la molestia.
La zanzara tigre è arrivata in Italia intorno al 1990, vi ha trovato condizioni climatiche favorevoli e da allora si è stabilita praticamente in tutte le regioni, sempre grazie al trasferimento passivo di uova nei manufatti o di adulti inavvertitamente chiusi su mezzi di trasporto.
Le zone più intensamente infestate sono quelle delle periferie urbane, dove abbondano i cosiddetti microfocolai, ossia le piccole raccolte d’acqua necessarie al suo sviluppo. Sia le aree residenziali, soprattutto dove abbondano case con orto e giardino, sia quelle produttive, specie se hanno depositi di materiali all’aperto, sia quelle di servizio (es. cimiteri, rottamai ecc.) offrono incredibili possibilità di sviluppo a questa specie la cui importanza epidemiologica è intimamente connessa con la sua alta capacità di penetrazione del tessuto urbano densamente abitato. Tutto ciò, unito alla possibilità che hanno alcuni patogeni, in particolare virus, di esser trasmessi da questa zanzara, rendono ineluttabile un approccio al problema all’interno delle politiche di prevenzione sanitaria.
Che la zanzara tigre possa trasformarsi in un vettore di importanti agenti virali non è una remota possibilità, ma un fatto già concretizzatosi in Italia e in altri paesi europei con malattie dall’esotico nome di Dengue e Chikungunya. Si tratta per l’appunto di malattie tropicali veicolati principalmente da zanzare del sottogenere Stegomyia, cui appartiene la zanzara tigre. Ogni anno, alcune centinaia di viaggiatori infetti entrano o tornano in Europa da paesi in cui hanno contratto questi virus. Negli ultimi anni si sono sviluppati numerosi focolai di Dengue in Sud America (Brasile, Bolivia, Perù, Argentina), Australia e Asia (Indonesia, India, Yemen, Arabia Saudita) e di Chikungunya nei paesi affacciati sull’Oceano Indiano (India, Reunion). Se uno di questi soggetti, rientrato in Italia, venisse punto in fase viremica da una zanzara tigre, questa potrebbe trasmettere il virus ad altri ospiti attraverso nuovi pasti di sangue.
Non si tratta di un’ipotesi astratta, ma di un evento già verificatosi: nel 2007 in provincia di Ravenna per Chikungunya (circa 250 casi autoctoni a fronte di un unico individuo infetto arrivato dall’estero) e nel 2010 nel sud della Francia ed in Croazia per Dengue. Fortunatamente le malattie non si sono stabilite, in quanto i casi sono rimasti circoscritti, ma è necessario attrezzarsi per tempo a contenere episodi del genere ovunque esista questo rischio. Ma come?
Dopo oltre un decennio di osservazioni e tentativi, si è giunti alla conclusione che l’eradicazione della zanzara tigre è possibile solo dove la sua introduzione sia avvenuta in tempi recentissimi. Ciò significa che è necessario avere un sistema di monitoraggio ed allerta molto efficaci in modo da scoprire per tempo l’introduzione. Per l’Italia è ormai troppo tardi, se non per aree marginali non ancora colonizzate.
E’ però ancora possibile, anzi, necessario, tenerla “sotto controllo” ossia al di sotto di una soglia di tolleranza che ne permetta la coesistenza con l’uomo e permetta una risposta rapida ed efficacie in caso di allarme sanitario.
Per far questo, è necessario un approccio scientifico, uno studio accurato del territorio ed una gestione della lotta condotta da personale esperto. Altrimenti si rischiano dispendiosi quanti inutili interventi che magari hanno rilevanza mediatica, ma scarsissimi risultati. Ed in tempi di ristrettezze economiche la Pubblica Amministrazione deve essere più che mai attenta a come spende i pochi denari ancora messi a disposizione per la prevenzione ed il benessere dei cittadini.
Per ottenere un buon contenimento della specie è necessario agire contemporaneamente su tre piani: interventi diretti sulle aree pubbliche, azioni mirate per situazioni peculiari (cimiteri, vivai, depositi copertoni ecc.) e divulgazione delle buone pratiche da applicare in ambito domestico. Senza uno di questi pilastri, l’impianto crolla.
L’intervento su suolo pubblico è necessario, non solo per dare il buon esempio, ma anche per contrastare lo sviluppo della zanzara tigre in quelle piccole ma numerose raccolte d’acqua qui presenti. Ci si riferisce in particolare, ma non solo, alle caditoie stradali per le acque meteoriche, le quali molto spesso sono dotate di sifoni in cui si raccoglie una certa quantità d’acqua. Qui l’intervento non può che essere pubblico.
Viceversa, in ambito privato è ormai impensabile che le Amministrazioni locali possano intervenire a spese proprie. Pertanto, l’informazione e la divulgazione rappresentano l’arma indispensabile per risolvere il problema dei cosiddetti “focolai domestici” che in alcune aree rappresentano anche il 90% dei luoghi di sviluppo di zanzara tigre. Le attività per trasmettere un adeguato messaggio sono svariate, da quelle indirizzate alle scuole (lezioni, spettacoli teatrali, giochi finalizzati ecc.) a quelle dirette agli adulti (serate a tema, convegni, stand nelle fiere ecc.), dal materiale a stampa (pieghevoli, locandine, manifesti ecc.) a quello multimediale (videoclip, siti Internet, spot radio e televisivi ecc.). L’importante è insistere per anni e con ogni mezzo.
Infine, ci sono luoghi particolari in cui la densità di focolai è particolarmente elevata e sui quali sono necessari interventi mirati. Basti pensare all’enorme proliferare di vasi e vasetti nei cimiteri, o alle innumerevoli piccole raccolte d’acqua che si possono formare in un piazzale coperto di rottami. In queste situazioni è necessario esaminare a fondo il problema, le possibili soluzioni, i flussi di materiali ecc. e predisporre soluzioni specifiche.
Detto dove, ecco come si può agire.
Il metodo di lotta più efficace per tutte le zanzare è l’eliminazione dei focolai larvali. Poiché la maggior parte dei focolai utilizzati dalla zanzara tigre sono di origine antropica, occorrerà innanzitutto capire quali di questi sono indispensabili (tombini, sottovasi ecc.) e quali sono invece creati solo per incuria. Questi ultimi devono essere eliminati con operazioni tecnicamente semplici, ma talvolta organizzativamente complesse. Spesso serve un lavoro lungo e capillare, ma l’eliminazione di un focolaio rappresenta il risultato migliore e definitivo.
Quando non è possibile o conveniente eliminare un focolaio larvale, si può studiare come renderlo innocuo, ad esempio impedendo che le zanzare possano penetrarvi per deporvi le proprie uova. Un esempio tipico è la chiusura dei fusti per la raccolta dell’acqua destinata all’irrigazione degli ortaggi, utilizzando un coperchio a vite (fusti di plastica) o una zanzariera tesa e ben legata ai bordi (fusti di metallo o di plastica senza chiusura ermetica).
Quando anche questo approccio non è attuabile, si può optare per la cosiddetta lotta larvicida: un intervento periodico finalizzato ad eliminare le larve ogni qualvolta esse siano presenti nel focolaio di sviluppo. Questo può essere effettuato fisicamente (ad esempio svuotando ogni settimana l’acqua di un sottovaso nella terra del vaso stesso) o con appositi prodotti larvicidi. Sul mercato italiano ne esistono di tre tipi:
– regolatori di crescita, a base di Pyriproxyfen, che emulando un ormone giovanile degli insetti ne impediscono lo sviluppo larvale;
– inibitori della muta, a base di Diflubenzuron, che impediscono la sintesi della chitina (componente essenziale dell’esoscheletro) e quindi la metamorfosi degli insetti (e lo sviluppo di alcuni crostacei);
– tossine batteriche insetticide, a base di Bti (Bacillus thuringiensis var. israelensis) altamente specifiche e selettive per le larve di zanzara e pochi altri ditteri.
Qualunque sia la scelta, è importante seguire le istruzioni riportate in etichetta. Questi prodotti andranno in ogni caso usati con una certa periodicità in tutti quei focolai non eliminabili o schermabili, come ad esempio l’acqua che ristagna nelle caditoie stradali (sia pubbliche che private).
Infine, la lotta adulticida rappresenta l’ultima possibile arma a disposizione per il controllo della zanzara tigre. Va però detto che se si utilizza solo questo metodo, i risultati saranno sempre molto parziali e provvisori, in quanto i focolai di sviluppo continueranno rinfoltire le schiere delle zanzare adulte.
La lotta adulticida può essere effettuata con prodotti chimici o mediante apposite trappole.
Al contrario dei larvicidi, non esistono prodotti adulticidi selettivi e quindi questi devono essere utilizzati con estrema cautela, facendo attenzione ai possibili effetti collaterali ad esempio sugli insetti utili, come le api. Si devono pertanto evitare trattamenti in presenza di fioriture, ma anche nei pressi di stagni, laghi o corsi d’acqua, in quanto questi prodotti sono estremamente tossici anche per i pesci.
Negli ultimi anni sono apparse in commercio delle trappole a cattura massale destinate ad attrarre e acciuffare le zanzare alate in cerca del pasto di sangue. A parte il costo di acquisto e gestione, il posizionamento di questi dispositivi può rappresentare una limitazione al loro impiego. Se è infatti vero che essi catturano un gran numero di zanzare, è anche vero che emettono sostanze che attraggono questi insetti. Perciò il loro posizionamento va effettuato con cura, in modo da evitare che risultino inutili o addirittura controproducenti.
Per completare l’argomento, accennerò anche ai predatori naturali. Purtroppo finora nessun organismo ha dimostrato di poter essere un alleato risolutivo nella lotta alla zanzara tigre. Zanzare che si sviluppano in focolai di maggiori dimensioni e con acque più stabili possono essere efficacemente contrastate con l’immissione di pesci larvivori, ma questi non possono essere introdotti e sopravvivere nelle piccole e temporanee raccolte d’acqua utilizzare dalla zanzara tigre, se non in alcune rare eccezioni, come le vasche delle fontane ornamentali (in questi casi anche i comuni pesci rossi servono allo scopo). Esistono altri organismi acquatici predatori di larve di zanzara. Ad esempio alcune specie di copepodi, piccoli crostacei che in alcuni ambienti ristretti possono essere impiegati nella lotta alla zanzara tigre, purché l’acqua non venga mai meno. Ma si tratta sempre di casi peculiari non estendibili a tutte le situazioni.
Venendo ai predatori delle zanzare adulte, la situazione è ancora meno rosea. La zanzara tigre è prevalentemente diurna, urbana e predilige il volo radente, tutte caratteristiche che ne fanno una preda scarsamente allettante i predatori alati, quali libellule, uccelli e pipistrelli.
Concludendo, solo un’azione coordinata almeno a livello comunale e duratura può permettere di raggiungere risultati apprezzabili e consentire una risposta rapida ed efficace in caso di introduzione accidentale di virus trasmissibili da questa fastidiosa zanzara.