
Un fasmide del Cretaceo che imita una pianta del Cretaceo: nuovi fossili svelano relazioni ecologiche del passato alle origini del mimetismo criptico.
Testo di Roberto Battiston
Pochi insetti al pari degli insetti-stecco (Phasmatodea) hanno saputo meravigliare e stupire per la loro straordinaria abilità di replicare, con la forma del corpo, le colorazioni ed i movimenti, ramoscelli, foglie o bastoncini. Tutto nei fasmidi sembra fatto per far scomparire l’animale tra la vegetazione: il corpo allungato e crespo come corteccia, le zampe tenute distese in avanti come il prolungamento del tronco, ed il movimento ondeggiante di un ramoscello mosso al vento del nostrano Bacuillus rossius. Oppure, l’addome dilatato a forma di foglia, il colore verde che riproduce perfino le venature o i margini appassiti, bruniti da una finta marcescenza del tropicale Phyllium giganteum o le irregolari fattezze di una foglia secca e accartocciata dell’ Extatosoma tiaratum. Il mimetismo criptico funziona quando si instaura una stretta relazione tra la copia e l’oggetto da copiare e questo in un certo senso vincola ogni specie di fasmide alla vegetazione che imita: una foglia verde si mimetizza bene tra le foglie di una particolare specie di pianta, un ramoscello allungato tra i ramoscelli di quella forma, e così via. Ma quanto è antica questa relazione, o meglio questa “illusione”?
Una recente scoperta, pubblicata da Wang e colleghi su PLoS ONE, ha provato a dare una prima risposta. Il team di Wang ha infatti analizzato un reperto paleontologico eccezionale: un fossile di fasmide (Cretophasmomima melanogramma) trovato in Mongolia e risalente all’inizio del Cretaceo, in cui spiccano evidenti ali allungate simili ad una foglia linguiforme e persino alcune delle nervature che probabilmente le adornavano. L’aspetto è, quindi, non troppo lontano da quello di molti fasmidi odierni: forse anche le abitudini mimetiche a quel tempo erano le stesse di oggi. Una buona evidenza in questo senso viene da un secondo fossile, quello di una pianta proveniente dallo stesso luogo e dalla stessa epoca, che guarda caso possiede una struttura linguiforme del tutto simile alle ali del fasmide: la Membranifolia admirabilis.

Cretophasmomima melanogramma a sinistra e Membranifolia admirabilis a destra. Crediti: sinistra: O. Béthoux, destra: F. Jacques.
Forse questa volta abbiamo davvero trovato una “fotografia paleoecologica”: una pianta e l’insetto che ci viveva sopra, che forse se ne nutriva, e che probabilmente imitava per sfuggire ai suoi predatori. Certo, passare dal fossile alle considerazioni ecologiche non è immediato e forse un po’ ardito. Le similitudini possono esistere solo nei nostri occhi e le contemporaneità in paleontologia si misurano su scale ben poco affidabili, ma gli scenari che questo ritrovamento adombra sono indubbiamente intriganti. Anche perchè stiamo qui parlando dell’epoca pre-angiosperme, di un mondo in cui i fiori non erano ancora comparsi a colorare il mondo ed il paesaggio era verosimilmente un’alternanza di rocce, cortecce e foglie, grigio, marrone e verde. Niente rossi accesi, azzurri e violetti a punteggiare i prati, e quindi niente eleganti mantidi-orchidea, niente tomisidi gialli in attesa di api mellifere o farfalle variopinte. L’arte del mimetismo nel Cretaceo inferiore era probabilmente ancora grezza ed essenziale ma i primi esperimenti criptici del Cretophasmomima hanno certamente fatto scuola. Una scuola che non ammette bocciati, ma ha promosso nel corso di milioni di anni alcuni degli animali più belli che abitano oggi il nostro pianeta.
Questa notevole scoperta non parla però solo del passato, ma ci insegna anche qualcosa del futuro: non servono i fiori per giocare a nascondino. E quale sarà il mondo del futuro ci sarà probabilmente sempre qualcuno che proverà a diventare invisibile.
Per approfondire:
Wang M, Béthoux O, Bradler S, Jacques FMB, Cui Y, et al. (2014) Under Cover at Pre-Angiosperm Times: A Cloaked Phasmatodean Insect from the Early Cretaceous Jehol Biota. PLoS ONE 9(3): e91290. DOI: 10.1371/journal.pone.0091290