
Testo e foto di Marco Salemi
20.12.12 (pomeriggio, ore 15.00)
Riflettendo brevemente sulla profezia Maya, dove tanto si è discusso e parlato e forse ancora si aprirà bocca in merito a questo tema (trovando qualcosa d’altro per giustificare l’avverarsi del nulla), ho pensato: “ma cosà succederà veramente domani?”
Questa sintetica pagina di diario non vuole essere l’ennesimo banale discorso; a dir la verità, non ho mai dato peso a questo argomento, forse perché già scettico di partenza su questa profezia e stufo di quei frivoli programmi dei mass media. Però, trovandomi oggi in banca a pagare la tassa dell’Imu (forse molto più reale della fine del Mondo di domani), in coda dietro di me un simpatico muratore un po’ brillo (forse per il bianchino appena bevuto), profetizzò a gran voce di fronte a tutti: “Viviamo al meglio l’oggi che domani il mondo finirà!”.
Ho cominciato allora a “preoccuparmi”, ed essendo un amante della Natura, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: “ma come sarà questa domani mattina?” Potrò meravigliarmi ancora per lo spuntar dell’alba? O potrò incontrare i frettolosi scoiattoli che ricercano cibo nel bosco? O vedere il furtivo volo del gheppio che scruta le sue prede? E quante domande simili mi passavano nella mente mentre ero di fronte al cassiere dell’istituto di credito…
Allora mi sono detto, sia da naturalista che da appassionato d’insetti, “domani mattina entro le 11.00 circa, ora della fine del mondo, voglio vedere quale invertebrato incontrerò per primo forse per l’ultima volta, così da meravigliarmi e gioire di una passione che fa parte della mia vita da sempre”.
21.12.12 (mattina ore 11.16)
Sveglia ora 06.00. Mi preparo, organizzo lo zaino con la mia Reflex e qualche barretta energetica per rinforzarmi durante il pungente freddo che incontrerò – e sai mai che arrivi la fine del mondo mentre sono nel bosco in cerca d’insetti: questi piccoli snacks possono sempre tornare utili nei momenti di crisi.
Dopo aver grattato il vetro dell’auto dalla ghiacciata notturna, parto con il riscaldamento al massimo. Al momento non noto nulla di particolarmente strano: le luci natalizie sui balconi funzionano, i primi lavoratori infreddoliti si avviano come di consueto alle fermate degli autobus, e un velo sottile di nebbia mi accompagna forse per il mio ultimo viaggio.
Arrivo nel parco del Ticino ( zona che osservo spesso ) verso le 07.30 poco prima dell’alba: è presente ancora un po’ di neve dall’ultima nevicata e la temperatura si aggira attorno ai -1°. Mi incammino ed il sole comincia finalmente a spuntare dal fondo dei pioppi, forse quello è il centro della Via Lattea! Ma a me sembra che tutto sia al solito posto.
Lo spuntare del sole rende l’atmosfera ovattata, dai riflessi rosati, e mentre la neve indurita scricchiola sotto i miei scarponi non vedo animali di grande taglia, forse è troppo presto anche per loro o si saranno nascosti perché sta per finire il mondo? Comunque ciò che si prova nel vedere la natura che ricomincia un nuovo giorno ( oltre alla gelida atmosfera che mi ghiaccia il naso) è sempre davvero emozionante e impagabile.
Dopo un po’ di passi e gli occhi che mi lacrimano per il freddo, mi chiedo: “dove sarà l’ultimo – o forse meglio dire il primo – invertebrato della nuova era che incontrerò?” E inciampo su di un ramo semisepolto dalla neve, ribaltandolo.
Ed ecco cosa finalmente vedo: un po’ irrigidito, un bellissimo artropode dalle molte zampe, un millepiedi!
Sì, è proprio lui il soggetto da fotografare e contemplare come il primo insetto della nuova era! E’ un diplopode appartenente alla famiglia dei Polidesmidi, uno di quegli insetti che trovo molto interessanti e forse ancora poco studiati.
Mi organizzo, preparo lo scatto e immagino: “forse tante zampe sono sintomo di buon auspicio”, cioè “molti arti, molti anni” ancora di vita sulla terra.
Dopo aver rimesso al suo posto di prima il timido Polydesmus (probabile specie angustus) riparto soddisfatto per la mia breve escursione ritornando verso la macchina; all’orizzonte vedo i pioppi, riesco anche a riconoscere la sagoma di un capriolo in lontananza, il giorno si è fatto vedere di nuovo e non è cambiato nulla!
Siedo nuovamente davanti al computer per completare questo testo, la moka comincia a fischiare e mentre sorseggio una tazzina di caffè si sono fatte le 11.16, e pensando alla fallita profezia o a questa particolare giornata del solstizio d’inverno, accenno un sorriso e penso: “meno male, domani mattina potrò andare di nuovo alla ricerca di qualche insetto in mezzo alla natura che tanto amo”.
Auguri di Buone Feste